Scrivere mediante l’uso di un’impronta, questo è il significato del termine tipografia (dal greco antico Týpos, ossia “impronta” e Gráphein, ossia “scrivere”).
All’incirca 1000 anni fa, fra il 1041 e il 1048, un personaggio cinese di nome Bi Sheng realizzò dei caratteri di terracotta che, appositamente assemblati, costruivano un testo; opportunamente inchiostrati, questi caratteri (talvolta realizzati in legno) venivano impressi su delle superfici sulle quali trasferivano il testo scelto. Fu così che la tecnica utilizzata da Bi Sheng diede vita alla tipografia.
Bisognerà tuttavia attendere diversi secoli dopo per arrivare alla sua diffusione, quando, intorno al 1455, Johann Gutenberg utilizzò la stampa a caratteri mobili per realizzare la celebre Bibbia a 42 linee (dal numero di linee di testo componenti ogni pagina). Da quel momento in poi i caratteri mobili iniziarono a essere creati utilizzando dei metalli.
Impressi per mezzo di un torchio pressore su un supporto cartaceo, questi parallelepipedi di sezione variabile riportanti uno specifico carattere sarebbero stati per molto tempo gli attori principali della più utilizzata tecnica di stampa.
Il fervore rinascimentale avrebbe poi permesso a questa tecnica di diffondersi rapidamente, stimolando la creatività e l’inventiva di altri, tra cui un certo Aldo Manuzio, il quale, utilizzando dei caratteri leggermente piegati sulla destra, avrebbe dato vita allo stile Corsivo. Correva l’anno 1501.
Sarà poi la rivoluzione industriale del XIX sec a vedere l’introduzione dei clichés, o stereotipi (da cui il termine specifico stereotipia), ossia lastre di metallo riportanti una pagina già composta da trasmettere sul supporto cartaceo. Strumenti, i clichés, ancora oggi utilizzati dalle aziende tipografiche.
Nel campo delle etichette, infatti, i clichés trovano utilizzo nella realizzazione di alcuni tipi di nobilitazioni, tecniche che consentono d’impreziosire un’etichetta o una sua parte specifica, come ad esempio un logo. Quale parte andare a impreziosire dipende dalla tipologia del messaggio che si intende trasmettere.
Sì, perché la trasmissione dei caratteri su un supporto è ovviamente susseguente alla scelta del tipo di caratteri da utilizzare. E, in questo senso, il termine tipografia viene spesso confuso con il disegno o la scelta della tipologia di caratteri da utilizzare. La grande variabilità di questi – basti pensare a quanti caratteri sono disponibili negli odierni software di videoscrittura come Word, per fare un esempio – è figlia dell’ampiezza di sfumature di significato che è possibile attribuire al messaggio da trasmettere.
Se in passato, infatti, la Bibbia di Gutenberg doveva essere stampata rispettando le peculiarità del messaggio e del linguaggio cristiano, e ovviamente tarato sulle specificità della società di quell’epoca, allo stesso modo oggi chiunque intenda trasmettere un messaggio a un certo pubblico deve tenere conto dei medesimi aspetti, e scegliere la tipologia di carattere tipografico più indicata per trasmettere al meglio il messaggio stesso, insieme a una certa immagine di chi “scrive”.
Dall’invenzione dei clichés, la tipografia ha compiuto innumerevoli altri passi in avanti, sospinta dalla meccanizzazione, che nel 19esimo secolo ha portato all’invenzione della stampa rotativa, la quale ha reso possibile stampare migliaia di copie all’ora su un nastro – oggi chiamato bobina – di carta bianca. Altra invenzione determinante fu poi quella della stampa a 4 colori, anche detta quadricromia.
Nel secolo scorso infine, sarà l’informatica la vera protagonista, capace di traghettare il settore verso la stampa digitale.
Il carattere tipografico – in tipografia e oggi anche in informatica – indica un insieme di caratteri accomunati da un determinato stile grafico, e utilizzati per assolvere a una determinata funzione. I caratteri tipografici non vanno confusi con il termine Font, il quale indica delle specifiche raccolte di file utilizzate nei programmi di videoscrittura.
Per dare vita a un preciso e peculiare stile grafico, i caratteri tipografici presentano una serie di caratteristiche che li rendono unici, influenzando la loro leggibilità e il loro impatto visivo. Ecco le caratteristiche principali dei caratteri tipografici:
Stile: si riferisce alla forma generale del carattere. Compiere una scelta tra corsivo, grassetto, normale, sottolineato e così via, significa scegliere quale stile attribuire al carattere. Ogni stile trasmette una sensazione visiva diversa.
Grazie: sono le piccole estensioni presenti all’estremità dei tratti dei caratteri. I caratteri possono essere con grazie (serif) o senza grazie (sans-serif). I caratteri con grazie tendono ad essere più tradizionali e spesso sono utilizzati in testi lunghi, mentre quelli senza grazie sono spesso considerati più moderni e adatti per l’uso digitale.
Spaziatura: La spaziatura tra i caratteri è chiamata “kerning” ed è importante per assicurare che i caratteri siano ben bilanciati e leggibili. La spaziatura tra le parole è chiamata “tracking”, mentre la spaziatura tra le linee di testo è chiamata “interlinea”.
Larghezza del tratto: La larghezza del tratto si riferisce allo spessore delle linee che compongono i caratteri. I caratteri possono avere tratti sottili o spessi, caratteristica che ovviamente influisce sull’aspetto generale del testo.
Altezza x: La “x-height” è la misura della distanza tra la linea di base (dove poggiano le lettere) e la cima delle lettere minuscole. È un valore calcolato prendendo a riferimento proprio alla lettera “x”. Questa misura è importante perché influisce sulla leggibilità e sulla proporzione tra maiuscole e minuscole.
Altezza delle maiuscole: L’altezza delle lettere maiuscole, in inglese “cap height,” rappresenta la distanza tra la linea di base e la cima delle lettere maiuscole.
Line-length: rappresenta l’ampiezza del testo. Un blocco di testo, o paragrafo, ha una lunghezza di riga massima scelta sulla base di un determinato design testuale. Se le righe sono troppo corte il testo risulta al nostro occhio come sconnesso; al contrario, se sono troppo lunghe, la lettura perde ritmo, e inoltre il lettore fa più fatica a ritrovare con lo sguardo l’inizio della riga successiva.
Inclinazione: L’inclinazione si riferisce all’angolo d’inclinazione delle lettere in un carattere corsivo o italico.
Forma delle lettere: La forma delle lettere stesse è una caratteristica distintiva di ogni tipo di carattere. Alcuni caratteri possono avere linee curve e morbide, mentre altri possono avere linee rette e angoli netti.
Caratteri speciali: Molti caratteri tipografici includono caratteri speciali come simboli, numeri e segni di punteggiatura che possono variare notevolmente da un tipo di carattere all’altro.
Come visto, i fattori che definiscono un carattere tipografico sono molteplici, e la scelta fra quale tipologia utilizzare è tutt’altro che banale. La finalità del messaggio che intendiamo trasmettere, il contesto in cui verrà utilizzato, la leggibilità desiderata e l’aspetto visivo che si vuole ottenere, sono tutti quanti fattori in grado di attribuire profondità e spessore al messaggio scelto.